lunedì 16 febbraio 2009

4.0 “L'arrivo del "mood" commerciale e la fine di Carosello”


Con l’avvio del boom economico, e quindi con la crescita e l’aumento di impianti industriali, agli italiani venne facilitata la fruibilità di beni di consumo primari e soprattutto quei beni detti "durevoli". Gli scambi di merci e i rapporti con altri paesi starnieri diventarono sempre più capillari: primo fra tutti il modello della produzione e del consumo americano a cui noi, come tutti gli altri paesi, ci uniformeremo.


Carosello nasce alla fine degli anni cinquanta come uno spazio pubblicitario che si inserisce tra la televisione sperimentale (le prime trasmissioni televisive risalgono al 1954) e, quella educativa promossa dal governo.
La primissima televisione nasce quindi come educatrice sociale: viene abbracciata dagli italiani come un godibile passatempo e, i telegiornali, si alternano ai programmi di cultura e ai documentari scientifici.
Il teatrino comico viene trasmesso tutte le sere sul primo canale della televisione di stato, e nasce per rispondere alla crescente domanda degli inserzionisti che, attraverso la pubblicità del prodotto, mettono al servizio del nuovo mezzo una nuova forma di pubblicitaria: saranno proprio quei dieci minuti, concessi dalla Sipra, un ottimo inizio per vedere modificate per sempre le abitudini degli italiani.
La pubblicità irrompe nella televisione italiana attraverso Carosello, venduta come divertimento, saccheggiando generi di successo ripresi direttamente dai modelli teatrali, anche l’Italia, che in partenza si adagiava più ad un clima di pudore, restio a certe novità ed evoluzioni, incomincia a fluttuare in questo vortice consumistico riprendendo il modello americano(che veniva mal considerato).
Tra l’altro tutti generi proposti dalla pubblicità nostrana di cui l’Italia poteva fare scuola e su cui il successo era gatrantito erano: la commedia all’italiana, la rivista e l’avanspettacolo.
A pubblicizzare i prodotti vengono chiamati attori del mondo del cinema e del teatro che prestano la propia immagine e riconoscibilità ai prodotti. Parallelamente agli attori in carne d’ossa faranno capolino al teatrino di Carosello alcuni personaggi a cartoni animati, un originale novità che riscuote da subito un gran successo e decreterà il migliore periodo d’animazione italiana.
Nel 1957 quando nasce "Carosello" esistevano poche agenzie pubblicitarie che si occupavano sostanzialmente della pubblicità "classica"(cartacea ma anche e soprattutto quella cartellonistica) e della pubblicità cinematografica(come ad esempio la Pagot film). Tra il 1959 e il 1969 anche in Italia si sviluppò un economia della pubblicità televisiva e il mercato pubblicitario si avvalorò dando forma alle prime grandi agenzie. Inizialmente però la pubblicità veniva fatta dalle case di produzione, perché le agenzie ancora non esistevano o comunque erano davvero poche. All’interno delle case di produzione lavoravano i creativi. Il rapporto di lavoro era piuttosto diretto: la casa di produzione veniva chiamata dal cliente, il cliente si metteva d’accordo con il creativo, e insieme venivano gettate le direttive per il piano lavoro in cui si decidevano insieme come presentare un prodotto, le storie, i personaggi, e dialoghi da realizzare nella campagna pubblicitaria.
Dai primi anni settanta aprirono in Italia le filiali delle grandi agenzie pubblicitarie americane come la Ted Bates, la W.Thompson, la Cpv, la Mc Erickson, che rubarono la scena alle agenzie italiane (o almeno a quelle più piccole).
La pubblicità, in Italia come negli altri paesi europei incominciò a diventare standardizzata e arrivò anche nel nostro paese il marketing: il mercato pubblictario si spostò verso le grandi agenzie che avevano al suo interno molte figure professionali, definite con termini in inglese come copywriter, supervisor, mediamen e art director.
Queste grandi agenzie volevano mantenere una politica di lavoro più internazionale, e avendo a disposizione molti soldi cercavano di mantenere tutta la campagna, realizzando soggetti che non risultarono sempre brillanti, magari realizzati da dei loro creativi poco fantasiosi.
Dagli anni ‘70 in poi "Carosello" subì una trasformazione stilistica:
già a partire dal 1965 la pubblicità venne presa d’assalto e fu oggetto di molte contestazione che proseguì fino al periodo della rivoluzione del ’68, dove intellettuali e giovani generazioni criticarono aspramente i pubblicitari e la pubblicità stessa, ritenuta capace di creare bisogni di consumo superflui e falsi, caratterizzanti della società dei consumi.
Nel 1973 una profonda crisi economica e petrolifera investì i paesi industrializzati, e se molte aziende avevano chiuso a causa dei numerosi scioperi e delle rivolte sindacali, altre chiusero invece propirio perché il settore pubblicitario entrò in crisi.
Le aziende non poterono più investire in pubblicità e questo provocò una modificazione nelle scelte delle strategie commerciali e comunicative.
Nasceva così il modo di fare una pubblicità in gergo "mood" più d’atmosfera, che rispecchiasse di più quella uniformata che si andava a delineare in un carattere lontano da quello di "Carosello", caratterizzata dai due minuti e mezzo in cui la scenetta comica e la battuta da skech un po’ da commedia all’italiana addolcivano il codino pubblicitario di 30" .


Le grandi agenzie pubblicitarie nascevano in America dove la pubblicità venne studiata da tecnici, scienziati e sociologi. Fu imposto perciò anche a noi che il tempo necessario per comunicare il messaggio pubblicitario era di 30", e quindi l’intera pubblicità doveva entrare in tempi più corti.
Questo comportò sia una riduzione dei tempi e dei costi, ma comportò soprattutto un diverso modo di comunicare con uno stile poco divertente e piuttosto noioso. Il genere italiano per eccellenza, il varietà, si andava a sostituire al genere d’atmosfera.
Un grande artista, Marcello Marchesi, definisce così l'ingresso del genere "mood" commerciale e la fine di "Carosello":
« Poi cominciarono a fiorire le pipe sulle labbra dei copywriter, degli account, i quali erano le colonne delle agenzie di pubblicità che inaugurarono la linea americana: parlavano inglese e soltanto di mass-media, di storyboard, di jingles, di brainstorming, e di budget. E così noi realizzatori di caroselli perdemmo di vista i vecchi padroni un po’ paternalisti, gli industriali che ormai giravano il mondo a bordo degli yacht, e ci trovammo di fronte ai pacchetti azionari coi quali non è molto facile parlare.
Insomma, cominciava il periodo dei persuasori occulti!
I persuasori decisero che il Carosello non doveva essere divertente perché il divertimento <>, cioè distraeva l’attenzione del compratore dal prodotto. E così cosa crearono? Crearono quei caroselli un pochettino a bagnomaria, così, insipidini, cioè crearono la così detta atmosfera: ragazzi, cavalli, vecchi correvano tutti al rallentatore come se volassero. Non si sapeva bene in che direzione andassero, fino a che non si trovavano in mano il prodotto che poteva essere una bibita, un vibratore, un detersivo, un enciclopedia.
Io credo che quello sia stato l’inizio della fine di "Carosello"! .
» (1.)

Marcello Marchesi in un intervista Rai del 1971

Note:

1. "Tutto il meglio di Carosello 1957-1977" a cura di Guia Croce, intervista del 1977 a Marcello Marchesi , pag. 140, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino 2008